Rossana Orlandi e la sua iconica galleria a Milano
Rossana Orlandi è un’autorità indiscussa nel panorama del design mondiale. Nei primi anni 2000, ha fondato a Milano la Galleria Rossana Orlandi, che in soli vent’anni è diventata una meta imperdibile durante la Milano Design Week, e viene visitata da decine di migliaia di persone. Il suo talento innato per il design d’autore l’ha condotta a vincere un Compasso d’Oro alla carriera, nel 2022, un riconoscimento più che meritato. Oggi, oltre a curare la sua Galleria, segue progetti di design in tutto il mondo, prestando la sua consulenza ad enti pubblici e privati.
Rossana Orlandi: l'intervista
Ciao Rossana! Siamo felici di averti qui.
Ci racconti quando hai iniziato ad occuparti di design e com’è nata la Galleria Rossana Orlandi?
Ho lavorato per molti anni nella moda, collaborando con l’azienda di famiglia, dove si producevano tessuti per abbigliamento ed arredamento. Quando ho lasciato questo ambito, mi attirava molto il design, ma non avevo deciso subito cosa fare. Poi ho trovato questo spazio, l’ex-cravattificio Prochownick, nel pieno centro di Milano, in una zona residenziale ricca di verde; era un bellissimo edificio, con un magnifico cortile e un affaccio su un giardino, e il fascino di un’antica sartoria. L’interno era costituito da una serie di stanze in successione e da un'atmosfera calda e accogliente. All'inizio avevo pensato che potesse essere una residenza per tutta la famiglia, ma poi il progetto non è andato in porto. Però lo spazio ormai c’era, e alla fine si è rivelato particolarmente adatto alla funzione a cui è stato adibito. Stare in questo spazio, in effetti, stimola davvero la voglia di fare, di dialogare; tutti i designer che lavorano con noi, quando entrano in questi ambienti dicono che qui si sentono a casa, e trovo che questo sia molto bello e soprattutto crei le condizioni per lavorare al meglio.
Come ha avuto inizio la collezione della Galleria Rossana Orlandi?
Durante i primi anni, mentre decidevo cosa fare in questo spazio, ho cominciato a raccogliere i pezzi che mi piacevano. Il primo pezzo importante è stato il prototipo della lampada Spun, disegnata da Sebastian Wrong nel 2003. Il prototipo originale era particolarmente interessante, in un materiale che si usa nell’industria aeronautica; oggi la lampada è in produzione da Flos.
Ho organizzato la prima mostra durante la Milano Design Week nel 2006, e fu subito un successo internazionale. Di quell’edizione, ricordo particolarmente l’allestimento del cortile, con una serie di lampade fucsia, a cura di Front, uno studio di designer svedesi. Sempre in quegli anni, siamo stati i primi a presentare il lavoro del duo Formafantasma, oggi celebre a livello internazionale. Si trattava di una serie di ciotole di bio-materiale, presentate insieme a elementi semplici come una scopa di saggina e del pane, per stimolare nuove riflessioni sul concetto di design.
Come scegli, oggi, i designer che collaborano con la Galleria?
Quando ho cominciato a selezionare designer per la mia Galleria, andavo molto in Olanda. In quegli anni Li Edelkoort, una donna straordinaria, era la Presidente della Design Academy di Eindhoven, e incontrarla era sempre un’emozione incredibile. Ma devo dire che io ho sempre lavorato con i giovani; anche quando lavoravo nella moda, sono sempre andata alla ricerca di designer emergenti. Tra le altre cose, sono stata la prima a portare gli studenti e i laureati del Central Saint Martins College in Italia. Per tornare ai criteri con cui selezioniamo i designer, diciamo che mi piace privilegiare i giovani perché trovo che sia giusto aiutarli e offrire loro delle opportunità. Ma devono avere qualcosa da dire, devono essere aperti ad esplorare nuove strade.
Che consigli daresti ai giovani che vogliano collaborare con la Galleria Rossana Orlandi?
Pensando al panorama dei giovani che incontro oggi, mi viene da suggerire loro di essere un po’ più umili. Ci sono molti designer affermati che lavorano nel design da collezione, ed è necessario conquistarsi il proprio spazio con il lavoro e lo studio costanti. Soprattutto quando si tratta di design da collezione, i fattori che determinano il valore di un pezzo sono molteplici e non ci si può basare soltanto sul tempo che ha richiesto la sua realizzazione. La fama del designer, la sua storia, hanno un peso. Dunque, quando si valuta il costo della propria opera, bisogna considerare anche il percorso fatto fino a lì.
Qual è lo spirito guida della Galleria Rossana Orlandi?
Ciò che guida il mio lavoro è la curiosità. Sono sempre aperta alle novità, purché si tratti di cose belle, che abbiano un senso e che dialoghino tra loro. Scelgo i pezzi visitando mostre, scuole, università; naturalmente valuto anche i pezzi dei designer che contattano la galleria. Ma non ci sono materiali o stili che preferisco: ciò che deve emergere da un lavoro, è un’idea nuova, che esprima riflessioni sul design. A volte mi chiedono quali siano le tendenze più attuali: la mia risposta è che non ci sono tendenze. Potremmo dire che l’unica tendenza che trovo interessante sia la bellezza. Questo probabilmente dipende anche dalle caratteristiche dello spazio: in questa galleria, la presentazione non ha lo stile di un negozio, anche se naturalmente, essendo una galleria, l’obiettivo ultimo è sempre la vendita. Ma l’atmosfera che qui si crea dipende dalla capacità che hanno le opere di dialogare con lo spazio. E probabilmente è per questo che i designer qui si sentono a casa. In effetti questa è una casa che ospita pezzi molto belli, a volte di stili anche molto diversi tra loro, ma che stabiliscono una relazione biunivoca.
Che rapporto c’è tra il design da collezione e la sostenibilità?
Innanzitutto, trovo che oggi la parola sostenibilità sia un po’ abusata. Io preferisco parlare di responsabilità, in quanto è un concetto più ampio, che implica il prendere coscienza di una situazione e agire di conseguenza “responsabilmente”, per l'appunto. Penso che oggi dovremmo cominciare a prendere atto di una difficile situazione climatica e ambientale che riguarda tutti e agire con consapevolezza, sia nei gesti volontari, sia in quelli istintivi.
Il concetto di “uso responsabile” si estende anche alla plastica, un materiale ingiustamente accusato di essere una delle principali cause – se non LA causa – dell’enorme inquinamento ambientale dei nostri giorni. Ma un materiale non fa danni, piuttosto è il modo in cui lo si usa. Per questo, nel periodo in cui la demonizzazione della plastica era al suo apice, io e mia figlia, Nicoletta Orlandi Brugnoni, abbiamo avuto l’idea di lavorare con la plastica, per promuoverne il riuso e il riciclo. Ci siamo inventate il premio Guiltless Plastic, lanciato nel 2018, ed è stata un’idea lungimirante, perché oggi i prodotti in plastica riciclata sono moltissimi, e l’idea di una plastica “buona” si sta diffondendo sempre di più. Inoltre, affrontare il riciclo della plastica conduce a riflettere sui processi di produzione e questo, oggi, è un tema cruciale.
Con la crescente digitalizzazione che interessa anche l’arte e il design, la tecnologia aiuta a migliorare l’esperienza della Galleria? Come vedi il futuro degli spazi fisici delle gallerie e la loro importanza nel mondo dell'arte?
La tecnologia può aiutare moltissimo, sotto molti aspetti. Tuttavia, il futuro del collezionismo a mio parere è decisamente fisico, “materiale”. Un pezzo di design ha bisogno di essere visto da vicino, toccato; la superficie tattile e materica, il colore, il suono, a volte anche il profumo, non si possono sostituire. Inoltre, può capitare che un’opera faccia un’impressione vista on line e che dal vero poi risulti essere diversa. Questo è innegabile, e rende necessario il contatto fisico.
La tecnologia digitale, però, può aiutare a lavorare azzerando le distanze. Durante l’emergenza Covid, nel 2020, siamo riusciti a portare a termine l’arredamento di una villa su tre piani a Doha, in Qatar, lavorando solamente da remoto.
E poi, naturalmente, c’è il Metaverso, in cui siamo stati presenti, e lo saremo di nuovo, anche se al momento non abbiamo opere; ma questo è l’unico luogo in cui si può fare a meno della presenza fisica.
Quali ritieni che siano gli obiettivi di maggior successo che hai raggiunto nel corso della tua carriera? E quali obiettivi vorresti ancora raggiungere?
Aver vinto un Compasso d’Oro alla carriera è sicuramente un grande traguardo, e vedo che suscita anche molta ammirazione nei miei interlocutori. Ma una cosa che mi piace molto è anche svolgere un ruolo di mentorship per i progetti che coinvolgono giovani designer. In questo momento, per esempio, sto lavorando a progetti in Qatar e in Bulgaria: in entrambi i casi, sono consulente per progetti di sviluppo con giovani designer. E mi auguro che ne arrivino altri: sono certamente i più stimolanti.
Come vedi il futuro del design da collezione?
Lo vedo sempre più internazionale, e sempre più allargato ai Paesi emergenti. Questi ultimi lavori in Qatar e Bulgaria hanno aperto una nuova visuale sulle realtà in grande fermento. E che hanno molto da dire nel design, anche quello da collezione.
Qual è la tua città preferita? E quali sono i posti che consiglieresti di visitare?
In questo momento, la mia città preferita è Milano; la vedo molto cambiata e questo mi piace moltissimo. Non solo per la Milano Design Week che, anche nel 2023, ha confermato come Milano sia ancora riconosciuta come la capitale mondiale del design, ma proprio per lo spirito internazionale da cui è permeata, ormai durante tutto l’anno. A chi visita Milano e non la conosce, suggerirei senz’altro di visitare il Palazzo della Triennale, l’ADI Design Museum, la Fondazione Prada, e naturalmente la Galleria Rossana Orlandi.
Grazie, Rossana; è stato davvero un onore incontrarti!
Intestazione Fotografica di Guido Castagnoli
Foto im Header von Guido Castagnoli
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Last Updated on Marzo 17, 2024 by Editorial Team
Architetto e giornalista professionista, Roberta è autrice del libro "Storia del Fuorisalone". Stimata per le sue interviste e i suoi contributi per diverse riviste internazionali, cura per il nostro magazine contenuti dedicati agli ambiti moda e design.