Il vino è figlio della natura e del talento dell’uomo. Quest’uomo, in Franciacorta, si chiama Maurizio Zanella.
Il Presidente della cantina Ca‘ del Bosco ha dato vita a un vero e proprio Rinascimento enologico; 45 anni fa partendo dalla ‘ca’ del bosc’ – proprietà di famiglia e dall’esperienza maturata nelle caves francesi, Maurizio Zanella è riuscito, grazie alla sua visione pionieristica, a creare una nuova forma di artigianato, frutto del connubio tra tecnologia da alte prestazioni e valorizzazione del territorio: il Franciacorta Ca’ del Bosco, una vinificazione stupefacente riconosciuta in tutto il mondo.
Solo un vero avanguardista – nell’animo prima ancora che nella pratica – poteva scommettere su una terra che fino a quel momento sembrava quasi ignorare il suo reale potenziale in viticoltura. Una scommessa vinta, che in poco tempo ha profondamente cambiato la percezione collettiva della Franciacorta, territorio ormai famoso a livello internazionale sebbene giovane per la sua tradizione vitivinicola.
Ca`Del Bosco Franciacorta
Dopo aver letto la storia della cantina Ca’ del Bosco, non vorrai far altro che varcare il cancello del sole di bronzo – scolpito da Arnaldo Pomodoro – per scoprire ogni segreto e degustare i suoi eccellenti vini.
Signor Zanella, la sua vita ruota intorno alla vigna da sempre. Cos’ha fatto nascere in lei una passione che poi è diventata lavoro e anche una vera e propria filosofia di enologia moderna e sostenibile?
La mia forse è una storia un pò strana, unica nel mondo del vino non solo italiano ma anche mondiale.
Una storia dove, probabilmente, la fortuna ha giocato un ruolo molto particolare e io mi ritengo molto fortunato perché in questo lavoro per ottenere un riconoscimento normalmente servono diverse generazioni, poche aziende ottengono un risultato, un consenso di critica, un successo di mercato e di consumatore finale così importante alla prima generazione (‘’perché io sono ancora qua’’ ammicca).
E’ per me doveroso premettere che – oltre alla figura di mia mamma che con pazienza illimitata ha supportato le mie follie e le mie intransigenze (non per niente il vino più importante è dedicato a lei NdR) – senza la fortuna di aver intercettato persone straordinarie nella mia vita, Ca’ del Bosco non esisterebbe.
Mi riferisco in primis a Luigi Veronelli, giornalista filosofo anarchico gastronomo, colui che ha cambiato le sorti dell’alimentazione e del vino italiano negli anni ‘70, spingendo l’intero settore a privilegiare la qualità e non la quantità permettendo il passaggio dal ‘vino-alimento contadino’ al vino con la sua attuale accezione. Lui mi prese sotto la sua ala protettrice e plasmò la mia mente, facendomi diventare molto esigente in termini di qualità; di fatto, un vero e proprio integralista che non accetta compromessi.
Cosa ha portato quindi il Franciacorta, che ha una storia vinicola relativamente recente, a diventare il re dei vini fermentati italiani? Quanto lavoro dietro questa eccellenza, quanta cura, cosa lo rende diverso dagli altri prodotti simili presenti sul mercato?
Nel mondo il vino nobile – la parola nobile sta indicare qualcosa che non è vino quotidiano o vino commodity che sta sotto le regole del marketing – è quello legato imprescindibilmente al territorio. Il territorio è l’attore principale, chi lo trasforma è umile valorizzatore di quello che la natura dona al territorio. Il Franciacorta è il Franciacorta e basta.
Un vino di qualità, legato in maniera imprescindibile al suo territorio come un barolo o un borgogna. Il Franciacorta è il vino fermentato che ha il disciplinare più rigido al mondo. Decidemmo che l’unica maniera era dimostrare, coi fatti, che produciamo con un livello di rigore superiore al resto del mondo e questo sforzo dopo 30 anni sta dando i risultati. Siamo una zona piccola, produciamo 18 milioni di bottiglie l’anno contro i 300 milioni di bottiglie del gigante champagne, e siamo diversi perché abbiamo un carattere diverso.Dovete sapere che nella fase finale della produzione del Franciacorta – e di tutti i vini fermentati in bottiglia – i sedimenti vanno eliminati e normalmente si aggiunge sciroppo di dosaggio; nello champagne lo zucchero va dai 7 ai 12gr di zucchero per litro, in Franciacorta la media è di 5gr/lt. In Ca’ del Bosco è di 2gr/lt. La latitudine inferiore del nostro territorio determina una acidità più bassa, che ci consente di non fare maquillage al vino – e quindi non mettere tutto questo zucchero.
Ca’ del Bosco di otto vini Franciacorta prodotti ne ha tre senza aggiunta di zucchero.
Le nostre punte di diamante, dimostrano che questi vini sono belli anche senza mettersi il rossetto!
Ca’ del Bosco, non è solo Franciacorta: Prestige, Satèn, Brut, Dosage Zéro e Annamaria Clementi ma anche bianchi e rossi. Ci racconta il rosso che porta il suo nome?
Il Rosso Maurizio Zanella uscì con etichetta nel 1981, grazie alla collaborazione con lo storico enologo Solci, titolare della prima enoteca in Italia. Il Franciacorta ha come origine il vino rosso, sperimentare qualcosa di diverso è stato eccitante e ha permesso di farsi conoscere all’estero con un gusto molto chiaro di quel tipo di rosso.
La vinificazione è davvero una sapiente forma di artigianato, un “lavoro romantico”, la mano dell’uomo deve saper aspettare decenni una vigna, si passa tra stagioni spietate e generose. Ha sempre voluto ed avuto accanto a sé grandi maestri che hanno trasmesso il loro sapere.
André Tchelistcheff – leggendario enologo della Napa Valley – che con amicizia ci ha aiutato a fare il primo chardonnay e il primo pinot nero – e Monsieur Dubois – storico chef de cave – che si occupava dei Franciacorta fermentati con un giovane americano Brian Larky – all’epoca un maestro francese di 65 anni e un pioniere dell’enologia tecnologica di 32 anni che hanno dato vita a una vera e propria ‘’guerra di spiriti’’, servita a ottenere una qualità esasperata. Dietro a tutti questi vini c’è la tecnica e l’esperienza. Ecco perché vi parlo di persone prima che di vini.
Il difficile di questo mestiere è che siamo agricoltori, evoluti, ma sempre agricoltori. Non siamo un’industria e il nostro prodotto è subordinato alla natura, che è il nostro principale azionista. No budget, no piani, no previsioni a tavolino, chi decide è la natura. Un anno perdi il 63% e la vendemmia dopo fai +12% della media di trent’anni. L’anno dopo ti ricompensa, ma non lo puoi sapere prima.
Il cancello Arnaldo Pomodoro ci introduce nell’arte della vinificazione ma anche ad altre forme d’arte: da cosa nasce questa sua passione per l’arte contemporanea e perché nella vigna e nei suoi spazi? Come vengono scelte le opere custodite nel vigneto?
Ho sempre amato la scultura e l’arte moderna. La scultura in particolare è tridimensionale come tre sono le sensazioni del vino: vista/colore olfatto/profumo e gusto/sapore, un quadro non bastava e volevo dimensioni importanti che volevo mettere all’esterno. Sempre per far capire che il vino era cambiato, avevo bisogno dell’alleanza con un mondo più colto, quello della cultura e dell’arte. Niente di quello che vedete in Ca’ del Bosco è stato acquistato in gallerie. Ogni pezzo è un colloquio, un litigio, una provocazione quasi un vero corteggiamento che ho fatto per anni a ogni artista per convincerlo a fare una certa cosa.
Pomodoro, a cui proposi di tagliare una sua scultura in due di modo che si aprisse per farne un cancello mi rispose: ‘’io non faccio cancelli’’ – ci misi anni per convincerlo.
Mitoraj, estenuato dalle mie insistenze, dopo tre anni ha acconsentito a fare una meravigliosa scultura. La forza e la bellezza di questa esperienza è stato lo studio comune per decidere poi dove posizionarla. Così come per il libro di fotografie ‘’11 Fotografi , 1 vino’’ edito da Skira – poi esposte a Milano a Tokyo e Parigi – ai fotografi dissi: ’’potete fare quello che volete salvo fotografare le etichette e le scritte’’- volevo che fosse arte e non pubblicità!
Ca’ del bosco non è un museo bensì sono pezzi che allietano la visita.
In base alla sua esperienza e conoscenza del territorio, il settore vitivinicolo su cosa deve puntare per rimanere competitivo in un momento complesso come quello attuale?
E’ sul territorio che bisogna puntare – il quale per nostra fortuna ha un limite dimensionale – il che ci rende sempre di nicchia. Franciacorta al massimo potrà arrivare dalle 18 milioni di bottiglie attuali a forse 25/30 milioni di bottiglie in 10/15 anni piantando nelle zone ancora adatte. Mentre tutti vedono nella dimensione un limite, per me è un’opportunità. È un vantaggio: ci permetterà di curare meglio il prodotto e di ottenere una grande qualità, posizionandolo in maniera adeguata, valorizzandolo e permettendone l’acquisto senza che diventi però un bene qualsiasi trovabile ovunque. Franciacorta sarà sempre una chicca.
Edizione Ca Del Bosco Franciacorta
Siamo una squadra forte, ma noi non creiamo prodotti nuovi figli d'idee di marketing, non accettiamo per DNA il fatto di seguire un mercato. Cerchiamo di valorizzare il nostro prodotto; nel 2022 festeggeremo i 50 anni di attività, nel 1972 andò in giro nel mondo la prima bottiglia con l’etichetta Ca’ del Bosco. Un nostro vino quando è buono ha la capacità di migliorare maturando; il vino nobile non invecchia matura.
E io cerco di seguire il vino, per quanto sia scavezzacollo, cerco di maturare e di non invecchiare.
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Colloquio: Raffaele Castelli, Cristina Agnelli
Testo: Cristina Agnelli
Foto: Ca' del Bosco
Last Updated on Marzo 17, 2024 by Editorial Team
Cristina è una scrittrice italiana dall’esperienza pluriennale. Ha lavorato per Armani Casa e Armani Hotel ed è specializzata negli ambiti design e hospitality. Il suo bagaglio di competenze dona un tocco professionale ed elegante ad ogni suo contenuto.