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Rivoluzione in cucina: la nostra intervista allo chef stellato Tim Raue
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Rivoluzione in cucina: la nostra intervista allo chef stellato Tim Raue

Tim Raue

Sfrontato, audace e provocatorio, lo chef stellato Tim Raue ha deciso di stravolgere le regole in cucina, stabilendo così le basi del suo successo. Cresciuto nel vivace quartiere berlinese di Kreuzberg, Tim si è guadagnato il posto di head chef a soli 23 anni e nel 2007 ha ricevuto la sua prima stella Michelin al Restaurant 44 dello Swissôtel, nonché l'ambito titolo di chef dell'anno secondo la guida gastronomica Gault-Millau.

Accreditato per  aver rivoluzionato la scena culinaria tedesca, la sua ascesa è continuata con la conquista di due stelle Michelin con il suo Tim Raue Restaurant, che dal 2016 occupa il 34° posto tra i migliori 50 ristoranti al mondo. Nell'universo culinario di Tim Raue l'armonia annoia e l'equilibrio è compiacenza. I suoi piatti ne riflettono lo spirito fortemente creativo, tra abbinamenti cromatici inediti e sapori che esaltano i sensi all’infinito.

Un impero in continua espansione, fatto di ristoranti, apparizioni televisive, libri di cucina e tantissimi riconoscimenti, ma soprattutto un’ambizione straordinaria che lo porta a mettere in pratica in qualunque ambito il suo motto: “Sii il migliore o niente”.

Tim Raue
Restaurant Tim Raue, Berlin

Cosa ti ha spinto ad intraprendere la carriera di chef? A che punto hai capito che le cose sarebbero andate alla grande? 

Volevo fare qualcosa di creativo e, visto che purtroppo non andavo spesso a scuola, ho dovuto dire addio al diploma e imparare un mestiere, il che si è rivelato un vero colpo di fortuna per me. All'inizio è stato il mio talento nel dirigere una squadra che mi ha permesso di salire alla posizione di head chef, e solo allora è emerso il mio talento nel creare veri e propri mondi dai sapori unici. Con l’arrivo dei premi, sono diventato più audace e più preciso nel mio lavoro, e così la mia ascesa ha avuto luogo, passo dopo passo. 

 

Hai raggiunto la posizione di head chef ad un'età molto giovane. Cosa è cambiato tra gli inizi della tua carriera, quando dovevi farti un nome, rispetto alla pressione di oggi per mantenere il successo? 

Venivo dalla strada e non avevo altro che il mio nome. L'ho spruzzato sui muri da adolescente per rendermi visibile. Nei piatti, ho avuto l'opportunità di rendere la mia firma culinaria riconoscibile, con accostamenti insoliti ed originali.

Ogni piatto – e ne prepariamo diverse centinaia tutti i giorni – deve essere perfetto!

Bisogna amare questa pressione altrimenti non è divertente e non sarai mai felice in cucina. È come nello sport: puoi semplicemente fare jogging intorno a un lago, oppure puoi andare a correre tenendo d’occhio i chilometri, usando la migliore attrezzatura del momento, con l’obiettivo di ottenere il meglio da te stesso.

 

Come riesci a sostenere il livello di disciplina mostrato nella tua carriera? Ti viene naturale o è una sfida? 

La disciplina è la linea rossa su cui si dispiega il mio lavoro durante la giornata. Il più grande problema della mia gioventù è stato proprio la mancanza di disciplina, il disprezzo dell'autorità e la mancanza di un obiettivo.

Nella mia formazione quotidiana, ho cominciato a stabilire dei traguardi: per le 8:00 voglio che siano pronte 18 torte, per le 9:00 è importante che i vassoi delle erbe siano riforniti e per le 9:30 che siano messi via, entro le 11:00 vengono sistemati i tavoli, entro le 12:00 vengono preparate due scatole di pane. È così che lavoro e vivo oggi. Metto ogni appuntamento, ogni telefonata, tutto quello che devo fare nel mio calendario e lavoro seguendo un ordine.

Stuzzichini per cominciare al Tim Raue Restaurant

I tuoi piatti mostrano una forte influenza della cucina asiatica. Che cos'è che trovi così eccitante di questa fusione? 

Mi hanno colpito il gusto agrodolce della cucina thailandese con la sua piccantezza incisiva, il purismo di quella giapponese e le tecniche secolari della cucina cinese. Mi piacciono molto, ed è per questo che le ho combinate con la cucina francese e gli ingredienti europei per creare una mia versione personale della gastronomia.

 

Dall'idea iniziale di un piatto all'impiattamento: qual è la parte più artistica o creativa del processo per uno chef? 

Questa domanda richiederebbe un saggio di 10 pagine come risposta. Il processo è così lungo e complesso. La maggior parte delle volte, viene creata prima una combinazione di ingredienti – un abbinamento che magari ho già avuto modo di provare o che nasce da un’ispirazione. Come salmone e pomodoro, per esempio, il piatto che il mio migliore amico ha cucinato per me: il salmone tenero e cotto a fuoco lento unito all’acqua di pomodoro, che lui aveva preparato con il burro.

Molto essenziale: solo salmone, salsa e un po' di dragoncello. Il mio amico cucina in modo estremamente raffinato e quasi senza spezie, in modo che ogni sapore sia percepibile nella sua essenza. Questo ha reso facile per me prendere il suo piatto come punto di partenza e creare una ricetta nuova. Cuciniamo il salmone nel burro all'arancia, lo serviamo con sfere di insalata di pomodoro e crema di anice verde, insieme all'acqua di pomodoro combinata con aceto di riso e peperoncino rosso, e burro all'arancia chiarificato.

Abbiamo impiegato 4 settimane per definire ogni dettaglio, ogni ingrediente e ogni proporzione del piatto.

 

Sei noto per provocare piuttosto che per creare armonia in cucina. Qual è il tuo piatto più audace o un elemento sorprendente che hai introdotto? 

All'inizio della mia carriera, ho cucinato in modo particolarmente “irriverente”, proponendo abbinamenti particolarmente forzati di dolce-acido-caldo. Volevo che il mio stile fosse immediatamente visibile. Oggi, sono molto più rilassato e i sapori sono quindi più equilibrati, ma sono molto lontano dall'armonia e dall'equilibrio francese dei sapori, e questo mi piace molto!

Tim Raue | Foto: Nils Hasenau

Lo chef creativo che vuole sorprendere i suoi ospiti e l'uomo d'affari che deve riempire il ristorante e far funzionare le cose senza problemi: come riesci a bilanciare questi due lati della tua personalità nel tuo lavoro? 

Le due personalità sono costantemente in conflitto tra loro, e questo è un bene per me. Scambio costantemente pensieri con entrambi. Ecco perché spesso ho bisogno di tempo per valutare le cose da tutti i punti di vista. Non mi piace la musica e in generale nessun rumore perché voglio essere libero di pensare senza condizionamenti. 

 

Avendo ricevuto un riconoscimento così prestigioso nel tuo lavoro personale, come definisci il successo nella vita? 

All'inizio della mia carriera, raggiungere il successo significava per me soprattutto essere notato. Di solito riuscivo a godermi i premi solo per pochi minuti, perché ero già concentrato sul prossimo obiettivo. Poi, ad un certo punto, è arrivata la fama a livello nazionale e ho dovuto lavorare per mantenerla.

Improvvisamente sono arrivati i premi internazionali… e poi la televisione. Naturalmente, misuro il successo in fatturato, in premi, ma anche nella soddisfazione del personale e degli ospiti. Fondamentalmente, la cosa più importante per la mia salvezza è che io sia felice, che mi senta orgoglioso del mio lavoro e che non corra nella mia vita come un pazzo.

 

Alcuni dei migliori chef di Berlino sono usciti dalla tua cucina. Che tipo di mentore cerchi di essere per la tua squadra? 

Cerco di dare un buon esempio: siate unici, credete in voi stessi ma riflettete anche su ogni vostra azione. Chiedete scusa quando sbagliate. Siate laboriosi, volitivi, disciplinati e umili – e fatelo ogni giorno! Cerco di accompagnare i nostri collaboratori, fidarmi di loro, motivarli, sfidarli ed incoraggiarli. Sono perfezionista nella qualità e nella realizzazione, anche a livello personale, e sono sempre onesto e diretto.

Anatra alla pechinese, servita su 3 piatti | Foto: Jörg Lehmann

Se la tua leadership in cucina è così forte, fino a che punto sei responsabile del benessere mentale della brigata che lavora con te? Sia per il tuo team che per te, questo approccio è sostenibile?  

Lavoro costantemente sulla mia forza mentale, sia con la mediazione che con le terapie. Se però noto che uno dei miei collaboratori non è a suo agio, gli parlo direttamente e cerco di sostenerlo, ascoltarlo ed aiutarlo.

 

Com'è stato il processo di scrittura di un'autobiografia e perché hai scelto di farlo? 

È stata una riflessione sulla mia vita ad oggi, scritta da Stefen Adrian, con il quale ho passato innumerevoli ore. Ha elaborato le mie storie e mentre lo faceva ho avuto il tempo di ripensare a tutto. È stato un processo fantastico che mi ha permesso di capire meglio come trattare me stesso ed interagire con gli altri.

 

Pensi che la condivisione della tua storia renda l'esperienza degli ospiti nei tuoi ristoranti più personale? 

Certamente, questo mi avvicina agli ospiti e alle persone, in generale. Di solito sanno già un po' di me e me ne parlano, il che rende più facile entrare in conversazione con loro.

Restaurant Tim Raue

C'è un piatto in particolare che ha un valore nostalgico o un significato speciale per te? 

Il Königsberger Klopse (Piatto tedesco di polpette cotte in salsa bianca con capperi) e la “falsa lepre” di mia nonna sono meravigliosi ricordi della mia infanzia.

 

Avendo costruito un marchio intorno all'immagine di te stesso, identificandoti con un personaggio eccentrico, diventa difficile nella tua vita personale gestire tutto questo?

No. La cosa più importante che ho dovuto imparare rapidamente con il successo è che molte persone vogliono qualcosa da te. Ci sono migliaia di persone che vogliono buoni per le lotterie, auguri per il compleanno dei loro cari o addirittura che cucini a casa loro. Professionalmente, ho disegnato un muro esterno che filtra le richieste e mi protegge. In privato, sono molto timido e riservato. Il poco tempo che ho lo passo con mia moglie e la mia piccola cerchia di amici che mi prendono per come sono.

 

Ogni cuoco della tua cucina indossa un'elegante uniforme da chef e delle Nike. Ha un significato particolare per te o è una scelta puramente estetica? 

Ognuno ha i suoi vizi. Il mio è certamente che ho sempre avuto un debole per la moda, e questo si riflette anche nella divisa da cucina. Nike è semplicemente il mio marchio preferito di sneakers, senza essere sempre sponsorizzato. Credo anche che le uniformi possano lanciare un messaggio positivo: nella nostra azienda non ci sono insegne di grado, quindi in cucina siamo tutti uguali, che si tratti di apprendisti o chef.

Wasabi-Kaisergranat al Tim Raue Restaurant | Foto: Jörg Lehmann

Sul tuo rapporto con i pezzi di design in passato hai detto: “Se non era alla nostra portata, era uno status symbol”. Ora che ti puoi permettere tutto, com'è cambiato il tuo atteggiamento verso questo genere di cose? 

Gli status symbol sono ancora importanti per me, perché mi ricordano quello che ho fatto per arrivare qui. Generalmente trovo difficile essere felice per i miei successi per più di qualche secondo e gli status symbol che utilizzo, soprattutto nella vita quotidiana, mi aiutano a capire che ho raggiunto quel traguardo. 

 

Sappiamo che sei un grande amante del buon vino. Hai in programma di avventurarti anche nella produzione enologica in futuro? 

Oltre che per la moda, ho un vero e proprio debole per il vino. Ma così come non ho intenzione di cimentarmi nel design di capi, voglio solo godermi un buon calice. Ci sono collaborazioni con viticoltori come Jochen Dreißig Acker, Markus Schneider e Andre Macionga che creano vini appositamente per i nostri ristoranti, ma non mi sono mai occupato di alcuna fase del processo.

A proposito, quello che trovo davvero importante per il vino, è il bicchiere con cui si beve, a cui spesso non viene prestata grande attenzione. Lavoriamo con Zwiesel Kristallglas in  tutti i nostri ristoranti, e ho anche una valigetta da viaggio con i bicchieri per i vini che mi piacciono di più – Bordeaux rosso e Bordeaux – in modo da poterli gustare al meglio. Un po' di stravaganza è permessa a volte!

 

Abbiamo sentito dire che anche il tuo cane ha un palato piuttosto sofisticato. Qual è un piatto abituale del suo menù? 

Ama il cuore di pollo, appena saltato in padella. Dato che è a dieta, le carote morbide bollite con carne di piccione essiccata e finemente sminuzzata sono il suo piatto forte. Quando abbiamo le costolette di maiale alla cantonese e l'anatra al forno con l'osso a casa, lei si siede ai miei piedi e mi guarda con occhi così dolci che trovo incredibilmente difficile non darle nulla.

Hong Kong

Sembra che ci siano città che ti stanno particolarmente a cuore. Raccontaci qual è la tua meta preferita e quali sono i 5 posti che consiglieresti al tuo migliore amico quando è in città (potrebbe essere qualsiasi cosa: da un ristorante ad un bar, da una galleria ad un negozio).

Ce ne sono diverse: New York, Londra, Madrid, Parigi mentre in Asia, soprattutto Singapore e Hong Kong.

A Hong Kong mi vengono in mente subito dei posti imperdibili. Mi piace dormire al The Upper House, dove la vista sul Kowloon è meravigliosa e le camere sono in stile giapponese, minimal e dotate di tappetini da yoga. Ma soprattutto si trova sul centro commerciale Pacific Place, dove vado a fare shopping da Lane Crawford, forse il miglior grande magazzino al mondo.

Lung King Heen è il miglior ristorante cantonese e merita sicuramente una visita. La Galleria Schöni, gestita da Nicole Schöni, ospita i più importanti artisti cinesi contemporanei e dà spazio alle loro lotte politiche.

Per me, Hong Kong incarna l'intensità, il consumismo ma anche la grande cucina. Ci sono poi luoghi contemplativi, come l'isola di Lamma, raggiungibile in traghetto, dove si possono fare escursioni e gustare frutti di mare super freschi nei ristoranti di pesce locali.

 

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Last Updated on Marzo 17, 2024 by Editorial Team

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